Numeri indefiniti nella Bibbia

Nel testo biblico ci sono alcune cifre, come tre, sette, quaranta, settanta e quattrocento, che sembrano poco attendibili, perché compaiono con una frequenza troppo elevata in relazione alla distribuzione statistica dei numeri. Non è ragionevole pensare che queste cifre indichino sempre delle quantità esatte. D'altra parte, però, non si può semplicemente rifiutarle come inattendibili; bisogna cercare di capire perché vengono usate e se hanno un significato più o meno preciso

Cominciamo col rilevare una singolare peculiarità del linguaggio impiegato nel Pentateuco. Nella lingua italiana esistono termini come “un paio”, “alcuni”, “diversi”, “ parecchi”, “molti” (giorni, soldi, uomini ecc), che indicano grandezze indefinite, ma precise a sufficienza per gli scopi degli interlocutori. C'è una gradazione tra questi termini che l'interlocutore, a seconda degli oggetti in questione e del discorso, riesce a percepire in maniera sufficientemente esatta.

Ad esempio, se uno dice: “Sono stato assente qualche giorno”, normalmente intende dire che la sua assenza è durata da quattro a otto giorni, non di più, né di meno. Per indicare durate superiori, sempre indefinite, userà termini come “diversi”, “ parecchi”, “ molti ” e così via.

È un modo di indicare le grandezze indefinite impiegato normalmente, soprattutto nella conversazione corrente. Qualcosa del genere deve necessariamente esistere anche nella lingua ebraica; ma non compare mai nel Pentateuco, dove le indicazioni di quantità sono sempre riportate con cifre numeriche. Un'ipotesi seducente e ragionevole è che quelle cifre che compaiono con frequenza eccessiva vengano impiegate con lo stesso significato da noi attribuito ai termini suddetti per indicare grandezze indefinite, ma comprese entro limiti di variabilità noti all'interlocutore.

L'impiego di numeri precisi per indicare grandezze indefinite non è infrequente neppure nel linguaggio moderno, dove termini come “ decina”, “centinaio” e così via vengono adoperati correntemente per indicare quantità non esatte, ma più o meno vicine al numero in questione.

Pertanto quando nel testo del Pentateuco compare una cifra come “tre”, “sette”, “quaranta”, “settanta” e “quattrocento” ci si troverebbe di fronte a una quantità indefinita, ma compresa entro limiti più o meno noti al narratore. Da un esame accurato del contesto in cui compaiono i suddetti numeri, è possibile determinare in modo sufficientemente attendibile le reali quantità che essi sta-rebbero ad indicare.

Tutte le indicazioni e i passi del Pentateuco divengono infatti verosimili e coerenti se si suppone che esista la seguente corrispondenza:

         tre                        =           “un paio”: 2-3 (spesso anche 3 esatti)
         sette                     =          “alcuni”: 4-9 (spesso anche 7 esatti)
         quaranta               =          “diversi”: 10-20
         settanta                =          “parecchi”: oltre 20
         quattrocento       =          “molti”: oltre 50

Non è una regola assoluta, in quanto la stessa cifra può essere indicata dal narratore con quaranta o settanta, a seconda della sua personale percezione dei tempi; ma in linea generale è abbastanza attendibile e nella maggioranza dei casi fornisce risultati soddisfacenti.

L’età dei patriarchi

Si potrebbe pensare che quando si incontrano numeri diversi da questi, si debbano interpretare come cifre esatte e attendibili; ma è immediato rendersi conto che non sempre è così. Le età dei patriarchi e di altri personaggi del Pentateuco, per esempio, sono chiaramente irragionevoli. Sono cifre casuali, prive di un reale contenuto informativo? Ad un esame approfondito risulta evidente che nessuna di esse è il frutto di una gratuita mania di esagerazione del redattore, ma piuttosto di suoi clamorosi errori di interpretazione.

A quanto pare il redattore, o qualcuno che dopo di lui apportò piccole modifiche al testo, aveva un particolare interesse a calcolare l'età dei personaggi principali basandosi sugli elementi forniti dal racconto. Non avendo, però, capito la natura delle cifre riportate dalle sue fonti, orali o scritte che fossero, non fece alcuna distinzione fra cifre esatte e cifre indefinite, il che ha portato a calcolare età largamente esagerate.

Che si tratti di aggiunte al testo originale è provato dal fatto che si trovano quasi sempre in versetti isolati, al termine di capitoli relativi alla vita del personaggio in questione. Il calcolo dell’età raggiunta è stato effettuato sommando periodi della sua vita di durata esattamente definita con periodi di durata imprecisata, indicati con le cifre indefinite sette, quaranta e settanta che egli ha computato come esatte. Ne sono risultate cifre spropositate, chiaramente inattendibili.

A titolo di esempio vediamo come sia stata ottenuta la cifra di centoquarantasette anni per la vita di Giacobbe. Essa risulta dalla somma aritmetica delle seguenti cifre: 40 + 20 + 70 + 17 = 147. Ciascuna di queste cifre corrisponde alla durata di un ben determinato periodo della vita del patriarca, che può essere individuato con sicurezza sulla base del testo. I primi quaranta anni sono quelli trascorsi in Palestina, fino a che Giacobbe non si recò a Harran per cercare moglie; qui trascorse venti anni esatti (Gn. 31,38), al servizio dello zio Labano. I successivi settanta anni li trascorse in Palestina e gli ultimi diciassette (Gn. 47,28) in Egitto.

La durata reale della vita di Giacobbe può essere calcolata con una certa attendibilità sulla base delle corrispondenze stabilite dianzi: quando partì per Harran Giacobbe aveva certamente meno di venti anni (1) e quando successivamente tornò in Palestina vi si fermò per poco più di venti. Pertanto quando morì, Giacobbe doveva avere un età di intorno agli ottant'anni (2).

L'età degli altri personaggi è stata ricavata dal redattore del testo biblico in modo analogo, come risulta dal seguente specchietto:

                    Durata totale           Periodi messi a calcolo

         Abramo        175     =     “70” + 5 + 25 + “70” + 5
         Sara              127     =     “40” + “40” + “40” + “7”
         Isacco          180     =     “40” + “70” + “70”
         Giacobbe     147     =     “40” + 20 + “70” + 17
         Giuseppe     110     =      17 + 13 + “40” + “40”
         Mosè           120     =      40 + “40” + “40”

Nella colonna a destra le cifre indefinite sono riportate fra virgolette. Ciascuna delle cifre rappresenta un periodo della vita dei personaggi elencati, delimitato da due avvenimenti significativi, e fornisce elementi importanti per la corretta ricostruzione delle vicende di ciascuno. Un'analisi dettagliata del testo, infatti, consente di determinare con elevato grado di attendibilità a cosa corrispondano questi periodi per ciascun personaggio.

Ovviamente nulla vieta, in teoria, di attribuire alle cifre “indefinite” valori numerici diversi da quelli indicati come probabili e di ritenere che le cifre in cui può essere scomposta la durata totale della vita di un personaggio rappresentino in realtà la durata del regno di altrettanti personaggi, tutti con lo stesso nome, come alcuni quotati studiosi suggeriscono.

Se però si va ad analizzare il racconto in questa prospettiva, si cade nell'assurdo o addirittura nel ridicolo, a meno di togliergli qualsiasi valore; ma non si vede perché si dovrebbero privilegiare a tal punto dei semplici numeri a scapito del racconto, che presenta quasi sempre una linearità, un'unitarietà e una continuità tali da non poter essere scisso in episodi separati.

Che senso avrebbe la storia di Giuseppe vissuta da quattro protagonisti? E Manasse ed Efraim di quali dei quattro sarebbero figli? E quanti Giacobbe sarebbero esistiti, quattro o sei? E come dovremmo distribuire fra di essi le quattro mogli e i dodici figli? L'intero racconto biblico di-venterebbe un guazzabuglio privo di senso.

Viceversa, con l'ipotesi suesposta esso diventa ragionevole e coerente. La durata della vita dei patriarchi viene ricondotta entro limiti accettabili e valutabili con sufficiente approssimazione e la vicenda biblica viene ad assumere proporzioni temporali più "umane".


(1) A quei tempi la maggiore età veniva raggiunta a sedici anni ed era l’età in cui normalmente gli uomini si sposavano. E’ del tutto inverosimile che Giacobbe si sia deciso a cercar moglie soltanto dopo i quaranta anni.
(2) Vedi Cronologia di Giacobbe